La Presidente dell’Unione Provinciale ANCL di Viterbo, Anna Calabrò, segnala ai colleghi, per opportuna conoscenza, la recente Sentenza n. 275/2019 (pubblicata il 16/10/2019 RG n. 730/2017) della Sezione Lavoro e Previdenza del Tribunale Ordinario di Forlì, che afferma che un errore formale commesso dal Consulente del Lavoro nella comunicazione dei dati non fa perdere il DURC e gli altri benefici contributivi previsti dalla normativa.
Nella fattispecie, la parte proponente il procedimento (l’azienda) si opponeva agli avvisi di addebito emessi nei suoi confronti dall’INPS con la quale quest’ultima intendeva recuperare alla gestione “aziende con lavoratori dipendenti” le agevolazioni richieste dall’azienda stessa per il periodo 1/2016-4/2017 (e con altro procedimento 5/2017 e 6/2017) per una lavoratrice, ai sensi del comma 118, art. 1, L.190/2014.
Si tratta, in altri termini, dello sgravio contributivo previsto dall’allora Governo Renzi, nella Legge di Bilancio 2015 (citata sopra), per incentivare le assunzioni a tempo indeterminato, consistente in un esonero di un massimo di 8.060 euro annui, per un massimo di 36 mesi.
Riportiamo di seguito l’intero comma citato sopra:
118. Al fine di promuovere forme di occupazione stabile, ai datori di lavoro privati, con esclusione del settore agricolo, e con riferimento alle nuove assunzioni con contratto di lavoro a tempo indeterminato, con esclusione dei contratti di apprendistato e dei contratti di lavoro domestico, decorrenti dal 1º Gennaio 2015 con riferimento a contratti stipulati non oltre il 31 dicembre 2015, è riconosciuto, per un periodo massimo di trentasei mesi, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, l’esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, nel limite massimo di un importo di esonero pari a 8.060 euro su base annua. L’esonero di cui al presente comma spetta ai datori di lavoro in presenza delle nuove assunzioni di cui al primo periodo, con esclusione di quelle relative a lavoratori che nei sei mesi precedenti siano risultati occupati a tempo indeterminato presso qualsiasi datore di lavoro, e non spetta con riferimento a lavoratori per i quali il beneficio di cui al presente comma sia già stato usufruito in relazione a precedente assunzione a tempo indeterminato. L’esonero di cui al presente comma non è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente. L’esonero di cui al presente comma non spetta ai datori di lavoro in presenza di assunzioni relative a lavoratori in riferimento ai quali i datori di lavoro, ivi considerando società controllate o collegate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto, hanno comunque già in essere un contratto a tempo indeterminato nei tre mesi antecedenti la data di entrata in vigore della presente legge. L’INPS provvede, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, al monitoraggio del numero di contratti incentivati ai sensi del presente comma e delle conseguenti minori entrate contributive, inviando relazioni mensili al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze.
La Sentenza n. 275/2019 del Tribunale di Forlì
La Sentenza n. 275/2019 della sezione Lavoro e Previdenza del Tribunale di Forlì dello scorso 16 Ottobre 2019 ricorda che nel caso in oggetto l’azienda, attraverso il proprio consulente del lavoro, avrebbe comunicato la trasformazione del rapporto di lavoro a termine (con scadenza naturale il 31 Dicembre 2015) in rapporto a tempo indeterminato indicando la data del 28 Dicembre 2015 come data di trasformazione, così che, a detta di INPS, non sussisterebbero i presupposti per fruire dello sgravio, dal momento che il rapporto di lavoro precedente era cessato il 29 Giugno 2015.
Il Tribunale di Forlì, però, trova persuasive le argomentazioni avanzate dall’azienda, fondate sul dato che quella data sia stata indicata per mero errore.
L’INPS non contesta, in sede processuale, il dato riferito secondo il quale la comunicazione sia stata inviata dal consulente il 30 Dicembre 2015, data della stessa trasformazione del contratto, in linea con la tempistica di invio prevista dalla normativa di settore (comma 5, art. 4-bis, D. Lgs. 181/2000 che impone di effettuare la comunicazione entro 5 giorni dalla trasformazione).
L’INPS non contesta nemmeno la veridicità o la genuinità della scrittura con cui le parti, il 30 Dicembre 2015, hanno inteso consensualmente trasformare il rapporto. La trasformazione, infatti, si è realizzata in forza dello stesso accordo tra le parti che avevano entrambe interesse ad operare in questo senso dopo il 29 Dicembre 2015.
Per questo è possibile concludere che, in mancanza di altri elementi, l’indicazione della data del 28 Dicembre 2015 sia da attribuire ad un puro e semplice errore formale.
Il Giudice del Lavoro, dott. Luca Mascini, impone, quindi l’annullamento degli avvisi di addebito, e condanna l’INPS al pagamento delle spese di lite e degli oneri accessori di legge.
Questo articolo è stato modificato per l'ultima volta il 22 Ottobre 2019 19:23