Gli ultimi provvedimenti emergenziali adottati per la pandemia hanno previsto un prolungamento del divieto di licenziamento fino al 31 gennaio 2021, limitando l’iniziativa economica costituzionalmente tutelata dall’articolo 41. A giustificare la scelta, la possibilità di compensare il divieto con l’accesso ai trattamenti d’integrazione salariale emergenziale, che apparentemente non avrebbero costi per le imprese. C’è da dire, però, che nel caso di totale sospensione dell’attività lavorativa, l’accesso agli ammortizzatori sociali Covid-19 non è mai gratuito. Sebbene venga azzerato il contributo richiesto dalla normativa ordinaria per i periodi di cassa integrazione fruiti dall’azienda, permangono alcuni oneri a carico dei datori di lavoro.
A precisarlo la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro che nell’approfondimento del 7.11.2020 ha stilato con pratiche tabelle esemplificative un elenco dei costi per la cassa integrazione a carico di 4 aziende appartenenti a settori diversi (metalmeccanica industria, commercio, alberghiero, ristorazione), suddivisi per differenti periodi di fruizione degli ammortizzatori, categorie di lavoratori e mansioni. Tra le voci di spesa, innanzitutto, il trattamento di fine rapporto, che per la totale durata della sospensione continua a maturare sulla retribuzione che il dipendente avrebbe percepito qualora avesse svolto la propria prestazione lavorativa.
Questo articolo è stato modificato per l'ultima volta il 12 Novembre 2020 16:53