DL 18/2020, una cura senza alcuna semplificazione: la lettera del Presidente Giuseppe D’Angelo
In una lettera aperta al Presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, Rosario De Luca, il Presidente del Consiglio Provinciale dell’Ordine, Giuseppe D’Angelo, esprime alcune indispensabili considerazioni sul recente Decreto Legge 18/2020, cosiddetto Decreto Cura Italia, dove non si ritrova alcuna di quelle semplificazioni che, promesse dall’Esecutivo, sarebbero state indispensabili in uno stato eccezionale quale quello attuale che, per sua natura, anche nelle prassi e nelle procedure, avrebbe richiesto disposizioni altrettanto peculiari, seppur limitate nel tempo e circoscritte ad ambiti particolari.
Il Presidente Giuseppe D’Angelo ha scelto di condividere le stesse considerazioni riportate sotto anche con la Presidente Nazionale di Fratelli d’Italia, Onorevole Giorgia Meloni, quale rappresentante di uno dei partiti d’opposizione.
Così scrive il Presidente:
(…) vorrei fare alcune riflessioni sul DL 18/2020, appena uscito, in maniera specifica sugli ammortizzatori sociali, tralasciando il resto. Sai che ho sempre avuto la mania della semplificazione e credo proprio, mai come in questo momento, ne avremmo avuto il cogente bisogno!
Proprio il nome del Decreto (“Cura Italia”) avrebbe richiesto l’introduzione di norme eccezionali ed in deroga a qualsiasi altra norma regolatrice gli ammortizzatori sociali (ex D. Lgs. 148/2015), semplici e facilmente interpretabili, in grado di curarla e non infettarla con la solita inutile e costosa burocrazia attuata con la consueta tecnica legislativa bizantina.
Come ci hanno insegnato, le “norme eccezionali” prevedono vicende o situazioni particolari che pongono la necessità di introdurre leggi altrettanto peculiari per un tempo e in un ambito circoscritti, in deroga alle norme generali. Esse dovrebbero prevedere solo le eventuali “eccezioni” alla deroga generale.
Purtroppo, non è stato così e noi Consulenti del Lavoro, addetti ai lavori, sui quali come oramai è consuetudine si scaricano una mole di adempimenti, saremo nuovamente costretti ad interpretare ed attuare norme inutili e costose per i nostri studi e le aziende assistite.
Mi limito, seppur in maniera semplicistica, a porre i seguenti suggerimenti al Legislatore:
- Da quanto si legge l’onere finanziario degli ammortizzatori sociali è a carico dello Stato (circa 4.000 mln di euro). Sarebbe bastato sommare tale importo a quella residuale – o disponibile – versato dai datori di lavoro sui fondi FIS, Cigs, Cigo ecc. e stanziare una somma complessiva.
- In conseguenza al punto che precede si sarebbe dovuto derogare a tutte le procedure – diversificate ex D.Lgs. 148/2015 in relazione alle dimensioni e tipologia delle aziende – introducendo una unica procedura, atteso che la finalità è quella di garantire un ammortizzatore sociale a tutti i lavoratori dipendenti del settore privato eccependo, peraltro, tutte quelle attività non interessate alla sospensione dal DPCM 8/3/2020 per le quali, evidentemente, sarebbe stata necessaria una verifica ex-ante, anche mediante accordo sindacale.
Mi chiedo e chiedo alla luce del Decreto Legge 18/2020, cosiddetto “Cura Italia”, appena varato:
- L’utilità dell’accordo sindacale per le aziende con più di cinque dipendenti che risulta essere pleonastico per un evento di sospensione dal lavoro imposto dalle Autorità pubbliche. Tale adempimento è oggettivamente inattuabile, se non con le consuete procedure a ciclostile per soddisfare un inutile obbligo. Come procedono le aziende alla “consultazione sindacale”? Via Skype? Videoconferenza? E ciò per quasi un milione di aziende sul territorio nazionale! Ciò, oltre ad essere oneroso per tutti è assolutamente impraticabile se attuata come vorrebbe la norma. E allora la verità; le OOSS si stanno organizzando per ricevere via mail le bozze di accordo che ritorneranno al mittente con l’apposizione del timbro e firma senza che alcuno sia stato “consultato” sulle modalità ed entità delle sospensioni dal lavoro. Figuriamoci per le aziende che non hanno all’interno RSA o RSU!
- Quale è il motivo per cui alle aziende soggette alla Cigs non è stato concesso l’utilizzo di tale strumento estendendo semplicemente le causali d’intervento di cui all’art. 21 del Dlg. 148/2015, senza intasare inutilmente le Regioni con la cassa in deroga? Così si sarebbero incluse le aziende che già finanziano il fondo, ma sarebbe stato troppo semplice; forse la finalità è quella di limitare la spesa all’esaurimento dei fondi?
- Le domande di Cig in deroga sono presentate cronologicamente e non vengono più autorizzate all’esaurimento dei fondi. Come per dire prima fai e forse prendi l’ammortizzatore sociale! Bell’esempio di equità!
- Il pagamento diretto, in deroga all’art. 7 del D. Lgs. 148/2015 è previsto per le tipologie di cassa in deroga, FIS e assegno ordinario fatta eccezione per il trattamento ordinario di cassa integrazione. È evidente la svista.
- E ancora, cosa succederà ai lavoratori assunti successivamente alla data del 23 febbraio 2020 (cfr. comma 8 art. 19 DL 17 marzo 2020, n. 18)? Questi non si vedranno riconoscere alcun ammortizzatore sociale in quanto non possono maturare i requisiti di cui all’art. 1 comma 2 del D.Lgs. 148/2015 (un’anzianità di effettivo lavoro di almeno novanta giorni alla data di presentazione della domanda di concessione della cassa integrazione); altra svista.
Potrei ancora continuare con le inesattezze e concludo auspicando che il Governo prenda coscienza dell’attuale stato di emergenza in cui ci troviamo e trovi finalmente il coraggio di semplificare la vita dei propri cittadini, sino essi lavoratori dipendenti che aziende, già allo stremo delle forze per l’elevata pressione fiscale e contributiva che sono costretti a subire.