Contratti a termine: la circolare 17/2018 del Ministero del Lavoro
Con la Circolare n. 17 del 31 Ottobre 2018 la Divisione V della Direzione Generale dei rapporti di lavoro e delle relazioni industriali del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali fornisce le prime indicazioni interpretative sul Decreto Legge 87/2018 (Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese), poi convertito nella Legge 96/2018, allo scopo di esaudire le molte richieste pervenute in proposito al Ministero e favorire l’uniforme applicazione della nuova disciplina, dopo aver anche acquisito il parere dell’Ufficio legislativo (espresso con nota del 30 ottobre 2018).
La Circolare 17/2018 il MLPS offre indicazioni interpretative soprattutto sul contratto a tempo determinato (proroghe e rinnovi, rinvio alla contrattazione collettiva, forma scritta del termine, contributo addizionale a carico del datore di lavoro) e sul contratto di somministrazione (Periodo massimo di occupazione, condizioni, limite quantitativo di lavoratori somministrati), i due istituti maggiormente modificati dal cosiddetto Decreto Dignità e dalla Legge di Conversione collegata.
Contratto a tempo determinato dopo il Decreto Dignità
Le modifiche apportate dall’articolo 1, comma 1, del Decreto Legge 87/2018 riguardano in primo luogo la riduzione da 36 a 24 mesi della durata massima del contratto a tempo determinato, con riferimento ai rapporti stipulati tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, anche per effetto di una successione di contratti, o di periodi di missione in somministrazione a tempo determinato, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale, indipendentemente dai periodi di interruzione (art. 19, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 81/2015).
Più precisamente, le parti possono stipulare liberamente un contratto di lavoro a termine di durata non superiore a 12 mesi, mentre in caso di durata superiore tale possibilità è riconosciuta esclusivamente in presenza di specifiche ragioni che giustificano un’assunzione a termine.
Queste ragioni specifiche sono rappresentate esclusivamente da:
- esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività;
- esigenze di sostituzione di altri lavoratori;
- esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.
Per stabilire se ci si trovi in presenza di tale obbligo si deve tener conto della durata complessiva dei rapporti di lavoro a termine intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, considerando sia la durata di quelli già conclusi, sia la durata di quello che si intende eventualmente prorogare.
Si consideri l’esempio di un primo rapporto a termine della durata di 10 mesi che si intenda prorogare di ulteriori 6 mesi. In tale caso, anche se la proroga interviene quando il rapporto non ha ancora superato i 12 mesi, sarà comunque necessario indicare le causali, ovvero le esigenze innanzi richiamate in quanto complessivamente il rapporto di lavoro avrà una durata superiore a tale limite, come previsto dall’articolo 19, comma 4, del D. Lgs. 81/2015.
La cosiddetta “causale” è, infatti, sempre necessaria quando si supera il periodo di 12 mesi, anche se il superamento avviene a seguito di proroga di un contratto originariamente inferiore ai 12 mesi.
Con l’occasione è utile ricordare che anche nelle ipotesi in cui non è richiesto al datore di lavoro di indicare le motivazioni introdotte dal Decreto Legge 87/2018, le stesse dovranno essere comunque indicate per usufruire dei benefici previsti da altre disposizioni di legge (ad esempio per gli sgravi contributivi di cui all’articolo 4, commi 3 e 4, del decreto legislativo n. 151 del 2001, riconosciuti ai datori di lavoro che assumono a tempo determinato in sostituzione di lavorartici e lavoratori in congedo).
Il Decreto Legge non ha invece modificato la previsione di cui all’articolo 19, comma 3, del D. Lgs. n. 81/2015 ai sensi del quale, raggiunto il limite massimo di durata del contratto a termine, le stesse parti possono stipulare un ulteriore contratto della durata massima di 12 mesi presso le sedi territorialmente competenti dell’Ispettorato nazionale del lavoro.
Anche a tale contratto si applica la nuova disciplina dei rinnovi, la quale impone l’obbligo di individuazione della causale, ai sensi degli articoli 21, comma 1, e 19, comma 1, del D. Lgs. 81/2015. Mantengono quindi validità le indicazioni a suo tempo fornite da questo Ministero con la circolare n. 13/2008 in ordine alla “verifica circa la completezza e la correttezza formale del contenuto del contratto”, nonché alla “genuinità del consenso del lavoratore alla sottoscrizione dello stesso, senza che tale intervento possa determinare effetti certificativi in ordine alla effettiva sussistenza dei presupposti giustificativi richiesti dalla legge.”.
Proroghe e rinnovi del contratto a termine
Anche il regime delle proroghe e dei rinnovi del contratto a termine è stato modificato dal DL 87/2018, in ordine alla durata massima e alle condizioni (articoli 19, comma 4, e 21 del D. Lgs. n. 81/2015 come da ultimo modificato), coerentemente con le finalità perseguite dalla riforma.
La proroga:
- è possibile entro i primi 12 mesi senza causale;
- presuppone che restino invariate le ragione che avevano inizialmente giustificato l’assunzione a termine, fatta eccezione per la necessità di prorogarne la durata entro il termine di scadenza;
- non è possibile prorogare un contratto a tempo determinato modificandone la motivazione, perché ciò darebbe luogo a un rinnovo anche se ciò avviene immediatamente dopo il precedente rapporto;
Il rinnovo:
- richiede sempre l’indicazione della causale;
- è previsto qualora la motivazione della prosecuzione del precedente rapporto venga modificata;
- si configura qualora un nuovo contratto a termine decorra dopo la scadenza del precedente contratto;
Il numero massimo delle proroghe si riduce a 4, entro i limiti di durata massima del contratto e a prescindere dal numero dei contratti (articolo 21, comma 1, del d.lgs. n. 81/2015) e con esclusione dei contratti instaurati per lo svolgimento di attività stagionali (articolo 21, comma 1).
Rinvio alla contrattazione collettiva
L’articolo 19, comma 2, del decreto legislativo n. 81/2015 non è stato modificato dal DL 87/2018 nella parte in cui rimette anche per il futuro alla contrattazione collettiva la facoltà di derogare alla durata massima del contratto a termine.
Pertanto i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (secondo la definizione degli stessi contenuta all’articolo 51 del d.lgs. n. 81/2015) potranno continuare a prevedere una durata diversa, anche superiore, rispetto al nuovo limite massimo dei 24 mesi.
Con l’occasione è utile precisare che le previsioni contenute nei contratti collettivi stipulati prima del 14 luglio 2018, che – facendo riferimento al previgente quadro normativo – abbiano previsto una durata massima dei contratti a termine pari o superiore ai 36 mesi, mantengono la loro validità fino alla naturale scadenza dell’accordo collettivo.
Il DL 87/2018, nell’introdurre le condizioni innanzi richiamate, non ha invece attribuito alla contrattazione collettiva alcuna facoltà di intervenire sul nuovo regime delle condizioni.
Forma scritta del termine
All’articolo 19, comma 4, del D. Lgs. 81/2015, con la eliminazione del riferimento alla possibilità che il termine debba risultare “direttamente o indirettamente” da atto scritto, si è inteso offrire maggiore certezza in merito alla sussistenza di tale requisito.
Viene quindi esclusa la possibilità di desumere da elementi esterni al contratto la data di scadenza, ferma restando la possibilità che, in alcune situazioni, il termine del rapporto di lavoro continui a desumersi indirettamente in funzione della specifica motivazione che ha dato luogo all’assunzione, come in caso di sostituzione della lavoratrice in maternità di cui non è possibile conoscere, ex ante, l’esatta data di rientro al lavoro, sempre nel rispetto del termine massimo di 24 mesi.
Contributo addizionale a carico del datore di lavoro
Ai sensi dell’articolo 3, comma 2, del DL 87/2018 (come modificato dalla legge di conversione), a decorrere dal 14 luglio 2018 (data di entrata in vigore del medesimo decreto), il contributo addizionale a carico del datore di lavoro – pari all’1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali applicato ai contratti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato – è incrementato dello 0,5% in occasione di ciascun rinnovo del contratto a tempo determinato, anche in somministrazione.
Ne consegue che al primo rinnovo la misura ordinaria dell’1,4% andrà incrementata dello 0,5%. In tal modo verrà determinata la nuova misura del contributo addizionale cui aggiungere nuovamente l’incremento dello 0,5% in caso di ulteriore rinnovo. Analogo criterio di calcolo dovrà essere utilizzato per eventuali rinnovi successivi, avuto riguardo all’ultimo valore base che si sarà venuto a determinare per effetto delle maggiorazioni applicate in occasione di precedenti rinnovi.
La maggiorazione dello 0,5% non si applica in caso di proroga del contratto, in quanto la disposizione introdotta dal DL 87/2018 prevede che il contributo addizionale sia aumentato solo in occasione del rinnovo.
Periodo transitorio
Mentre l’articolo 1, comma 2, del DL 87/2018 aveva stabilito l’applicazione delle nuove disposizioni ai contratti di lavoro a termine stipulati successivamente alla data di entrata in vigore del medesimo decreto, nonché ai rinnovi e alle proroghe dei contratti in corso alla medesima data, in sede di conversione, il dettato del comma 2 dell’articolo 1 è stato modificato relativamente al solo regime dei rinnovi e delle proroghe, prevedendo che per tali fattispecie la nuova disciplina trovi applicazione solo dopo il 31 ottobre 2018 (dopo la fine del periodo transitorio).
In tal modo il Legislatore ha voluto sottrarre i rinnovi e le proroghe dei contratti in corso alla immediata applicazione dei limiti previsti dalla nuova normativa.
Fino allo scorso 31 Ottobre, quindi, le proroghe e i rinnovi restano disciplinati dalle originarie disposizioni del D. Lgs. 81/2015 (ante DL 87/2018).
Dallo scorso 1° novembre 2018 trovano piena applicazione tutte le disposizioni introdotte con la riforma, compreso l’obbligo di indicare le condizioni in caso di rinnovi (sempre) e di proroghe (dopo i 12 mesi).
È infatti ragionevole concludere che i più stringenti limiti introdotti gradualmente, rispetto alla disciplina previgente, operino sia nei confronti dei rapporti di lavoro a termine che nei confronti dei rapporti di somministrazione a termine.
I rapporti di somministrazione di lavoro sono illustrati in dettaglio nella seconda parte della Circolare n. 17 del 31 Ottobre 2018 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.