Circolare 6/2020 Fondazione Studi: misure del DPCM 9 Marzo 2020 per imprese, dipendenti e professionisti

La Circolare 6/2020 della Fondazione Studi chiarisce e approfondisce gli effetti del DPCM 9 Marzo 2020 sulla quotidiana attività lavorativa delle imprese e dei lavoratori dipendenti che in esse operano ma anche dei professionisti e degli studi professionali che essi guidano.

Come muoversi liberamente, gestire aziende e studi professionali per evitare contagi su tutto il territorio nazionale, applicare smart working e ferie dei lavoratori dipendenti. Inoltre, cosa è vietato e cosa si può fare nelle prossime settimane: gli interrogativi, i dubbi e le modalità di applicazione delle norme già manifestati in relazione al DPCM che istituiva le cosiddette “zone rosse” si replicano e vengono approfonditi per tutta l’Italia, divenuta con il DPCM 9 marzo 2020, interamente “zona protetta”.

Con la presente circolare n. 6/2020, la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro fornisce le indicazioni esplicative e la modulistica per applicare la normativa che, in vigore da ieri, ha reso uniforme l’intero territorio nazionale.

A seguito dell’emanazione del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 9 marzo 2020, pubblicato in GU numero 62 del medesimo giorno, le linee finora adottate, che prevedevano una divisione del Paese in “zone” a diversi regimi di tutela, mutano radicalmente, con una previsione uniforme per tutto il territorio nazionale, che abbandona quelle distinzioni e fa dell’Italia un’intera “zona protetta”.

La Circolare 6/2020 si divide in due parti:

  1. sintesi e analisi dei provvedimenti del citato DPCM 9 Marzo 2020, con particolare attenzione sugli effetti registrati dai rapporti di lavoro;
  2. analisi degli strumenti di gestione del rapporto di lavoro previsti dallo stesso DPCM (fruizione delle ferie e congedi, utilizzo del lavoro agile), con illustrazione di procedure e formulari per aiutare tutti gli operatori del mercato a gestire i rapporti di lavoro, secondo le esigenze straordinarie dettate dall’attuale emergenza sanitaria.

Le nuova area unica: “Italia Zona Protetta”

Come annunciato dal Presidente del Consiglio, il decreto cosiddetto “Io resto a casa” del 9 marzo 2020, nell’ambito del disegno teso a contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19, abbandona la suddivisione geografica in “zone” e regimi diversi, richiamando, con il primo comma
dell’art. 1, “le misure di cui all’articolo 1 del DPCM dell’8 marzo 2020”, e dichiarandole “estese all’intero territorio nazionale”. Precauzioni e comportamenti quindi identici a prescindere dall’area geografica, oltre al divieto, citato al secondo comma, di “ogni forma di assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico”.

Più nel dettaglio, per quanto riguarda la limitazione agli spostamenti anche “all’interno dei territori”, formalmente rimasta invariata con il rinvio operato dal decreto del 9 marzo, il Presidente del Consiglio ha già chiarito che sarà comunque possibile circolare nell’ambito del territorio comunale, superando ragionevolmente la lettera della norma, altrimenti poco plausibile alla luce dell’attuale estensione delle limitazioni indifferentemente a tutto il territorio nazionale. La lettura combinata dei due decreti porta dunque a ritenere che, all’interno del proprio comune, sarà possibile recarsi non solo al lavoro, ma per esempio anche a fare la spesa, visitare esercizi commerciali o ristorativi che osservino la distanza interpersonale di un metro o, ancora a titolo esemplificativo, a praticare sport in spazi aperti e sempre mantenendo la distanza di sicurezza. Resta vietato l’assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico, in quanto naturale vettore dell’espansione del virus sul territorio.

Per ciò che concerne le motivazioni che giustificano gli spostamenti delle persone fisiche, è necessario individuare il significato corretto – e soprattutto univoco – da assegnare all’espressione “comprovate esigenze lavorative”. Definire i canoni attraverso i quali i diretti interessati possano dimostrare l’esigenza lavorativa che consenta loro di ovviare alla restrizione di mobilità, altrimenti adesso vigente per tutto il Paese, individuando il significato da assegnare alla previsione. Se cioè questo sia da intendere nel senso della eccezionalità e residualità della possibilità di tale riconoscimento e della necessità di fornire specifica documentazione in tal senso, o se tale eventualità sia comunque riconosciuta in ogni caso in cui per effetto di qualsiasi “esigenza lavorativa” occorra comunque spostarsi, a prescindere da qualsiasi distinzione rispetto al tipo di attività lavorativa (ad esempio sia essa di natura subordinata, autonoma o professionale).

Appare possibile propendere per questa seconda accezione più ampia, grazie a due elementi:

  • l’esplicito pronunciamento del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che con la nota dell’8 marzo, emessa a poche ore dalla pubblicazione del DPCM 8 Marzo 2020, ha chiarito che le limitazioni introdotte non vietano gli spostamenti per comprovati motivi di lavoro, nello specifico dei transfrontalieri e degli autotrasportatori,

“salvo che siano soggetti a quarantena o che siano risultati positivi al virus, i transfrontalieri potranno quindi entrare e uscire dai territori interessati per raggiungere il posto di lavoro e tornare a casa. Gli interessati potranno comprovare il motivo lavorativo dello spostamento con qualsiasi mezzo, inclusa una dichiarazione che potrà essere resa alle forze di polizia in caso di eventuali controlli”.

Per quanto riguarda le merci poi, queste

“possono entrare ed uscire dai territori interessati. Il trasporto delle merci è considerato come un’esigenza lavorativa: il personale che conduce i mezzi di trasporto può quindi entrare e uscire dai territori interessati e spostarsi all’interno degli stessi, limitatamente alle esigenze di consegna o prelievo delle merci”;

  • il dato testuale dello stesso DPCM dell’8 marzo, che sempre con l’art. 1, alla lettera o), confermata dal rinvio operato dal nuovo provvedimento, consente l’esercizio

“delle attività commerciali diverse da quelle (soggette a specifiche ed esplicite restrizioni) a condizione che il gestore garantisca un accesso ai predetti luoghi con modalità contingentate o comunque idonee a evitare assembramenti di persone, tenuto conto delle dimensioni e delle caratteristiche dei locali aperti al pubblico, e tali da garantire ai frequentatori la possibilità di rispettare la distanza di almeno un metro di cui all’allegato 1 lettera d)”

confermando così la non eccezionalità dello svolgimento di una prestazione lavorativa che richiede perciò la necessità di recarsi sul posto di lavoro, quando non sono applicabili le alternative adesso previste dalla lettera e) dell’art. 1 (ferie e permessi) e dalla lettera r) dell’art. 2 (lavoro agile).

Auspicando un intervento definitivo di interpretazione autentica, anche in risposta alle richieste di chiarimenti inviate da parte del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, pare potersi comunque affermare che le “comprovate esigenze lavorative”, che possono giustificare lo spostamento delle persone fisiche, non debbano necessariamente rivestire il carattere della eccezionalità, urgenza o indifferibilità, potendole intendere riferite, alla luce di quanto emerge dalla norma e dai primi chiarimenti di prassi, alle ordinarie esigenze richieste dalle modalità attraverso le quali si è tenuti a rendere la prestazione lavorativa.

Allo stesso modo, non appaiono essere richiesti particolari adempimenti di forma affinché tali esigenze siano dimostrate, potendo essere sufficiente anche la sola autodichiarazione degli interessati, come confermato dal Comunicato Stampa diramato dal Ministero dell’Interno che riporta la direttiva ai Prefetti per l’attuazione dei controlli. Il Ministero ha diffuso un modello utile a tal fine, specificando che l’autodichiarazione potrà essere resa anche estemporaneamente durante la verifica della legittimità dello spostamento, attraverso la compilazione da parte dei cittadini di moduli forniti dalle forze di polizia.

Tale direttiva rammenta che la violazione delle disposizioni sulla mobilità personale, come previsto dall’art. 4, co. 2, del DPCM 8 marzo 2020, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, è punito ai sensi dell’art. 650 c.p., che persegue chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico o d’igiene, punendolo con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 206 euro.

Neppure, infine, risulta sussistere alcun elemento che possa escludere la riconducibilità, all’interno della giustificabilità data dalle esigenze in discorso, di qualsiasi natura della prestazione lavorativa, a prescindere dalla sua qualificazione, sia essa subordinata, autonoma, autonomo-professionale, in tutti i casi da giustificare in caso di verifica mediante autodichiarazione.

Uniformità e compatibilità della nuova disciplina

Il nuovo decreto uniforma le misure per il contrasto e il contenimento sull’intero territorio nazionale, dichiarando espressamente la cessazione dell’efficacia delle misure di cui agli articoli 2 e 3 del DPCM dell’8 marzo 2020, “ove incompatibili con la disposizione dell’articolo 1 del presente decreto” (art. 2, co. 2, DPCM 9.3.2020).

Tale disposizione consente, invece, di ritenere ancora vigenti ad esempio le previsioni contenute alle lettere m), n) e o) dell’art. 2 del DPCM 8 marzo 2020, relative alla promozione a distanza dell’attività didattica (adesso di per sé sospesa fino al 3 aprile per tutti), nonché le lettere p) e q), con le limitazioni all’accesso presso strutture sanitarie, nonché certamente la lettera r), con la promozione del ricorso al lavoro agile semplificato per affrontare gli impedimenti alla mobilità dei lavoratori e garantire la continuità della prestazione di lavoro e dell’attività aziendale.

Altri contenuti della Circolare 6/2020 Fondazione Studi

Sono segnalati di seguito gli altri contenuti illustrati e approfonditi nella Circolare 6/2020 della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro:

  • Quadro sinottico del DPCM 9 Marzo 2020 che sintetizza i provvedimenti disposti nell’unica Area nazionale ‘Italia Zona Protetta’:
  • Gli strumenti a disposizione del datore di lavoro
    • Il lavoro agile
      • Procedura di deposito massivo aggiornata
      • Informativa pratica da inviare ai lavoratori coinvolti
      • FAC-SIMILE INFORMATIVA DI APPLICAZIONE DEL LAVORO AGILE EX ART. 2 co. 1 lett. r) DPCM 08/03/2020 e s.m.i.
    • La fruizione delle ferie
      • Comunicazione ferie
      • FAC-SIMILE Comunicazione di fruizione delle ferie
    • La gestione degli studi professionali