La Circolare 5/2019 della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro approfondisce il Decreto Legge 4/2019 e la relativa Legge di conversione 26/2019, pubblicati in Gazzetta Ufficiale n. 75 del 29 Marzo 2019, contenenti disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni.
La definitiva operatività del Reddito di Cittadinanza e della cosiddetta Quota 100 vanno a completare l’iter di attuazione di una più organica riforma del welfare. Tale riforma interviene su una parte delle norme in materia pensionistica, varate dal governo Monti e dal ministro Fornero, attenuandole, e introduce previsioni di maggiore flessibilità.
In questo modo nascono l’accesso alla pensione con Quota 100 e la cosiddetta pace contributiva. Al fianco di queste nuove misure troviamo la proroga di strumenti come l’Ape sociale e l’Opzione donna. Infine, vengono riformate in parte anche le caratteristiche principali degli istituti ordinari della pensione anticipata e del riscatto della laurea.
In conclusione, la nuova riforma del sistema pensionistico rappresenta un buon provvedimento nel momento in cui concede, a chi ha lavorato a lungo e ha maturato i contributi necessari, la possibilità di andare in pensione prima e con più facilità.
Quota 100: come funziona la pensione anticipata
La pensione anticipata in Quota 100 è un’opzione di accesso anticipato, i cui requisiti devono essere maturati obbligatoriamente entro la fine del 2021.
Similmente a quanto già previsto dal vecchio sistema, introdotto dalla L. n. 247/2007, art. 1 c. 2 lett. a) e abrogato dalla riforma Fornero, la “quota” consiste in una somma di requisiti anagrafici e contributivi necessari per accedere alla pensione.
La Circolare 5/2019 della Fondazione Studi presenta una utile tabella riepilogativa con le principali caratteristiche della Quota 100 come nuova forma sperimentale di pensione anticipata. Tra di esse:
- requisito anagrafico è fissato a 62 anni di età compiuti;
- requisito contributivo è fissato ad almeno 38 anni di contributi, di cui 35 di contribuzione effettiva;
I requisiti anagrafico e contributivo non sono soggetti a speranza di vita, sono identici per uomini e donne, per lavoratori del settore pubblico e del settore privato, per i lavoratori dipendenti e per gli autonomi.
Decorrenza della Quota 100
La pensione in Quota 100 osserva un peculiare regime di decorrenza, sottoposto al metodo delle cosiddette “Quote”. Dal momento della maturazione dei requisiti, a differenza della pensione di vecchiaia, la decorrenza dell’assegno è traslata di minimo 3 mesi. In particolare:
- per i lavoratori dipendenti del settore privato, parasubordinati e autonomi, che maturino la pensione in Quota 100 dal 1° gennaio 2019, la decorrenza avviene dopo 3 mesi dalla maturazione dei requisiti;
- per i lavoratori afferenti al pubblico impiego (con attenzione non alla gestione di riferimento, cd. Ex Inpdap, ma allo statuto di Pubblica Amministrazione del datore di lavoro), che maturino i requisiti dal 30 gennaio 2019, la decorrenza avviene dopo 6 mesi da tale momento.
La norma prevede poi due finestre di sbarramento, secondo cui:
- i lavoratori del settore privato, che avevano maturato i requisiti entro il 31 dicembre 2018, potranno accedere alla pensione in Quota 100 non prima del 1° aprile del 2019 (previa cessazione del rapporto subordinato e presentazione della domanda telematica di pensione);
- i lavoratori del settore pubblico, che avevano maturato i requisiti entro il 29 gennaio 2019, potranno accedere alla pensione in Quota 100 non prima del 1° agosto del 2019 (previa cessazione del rapporto subordinato e presentazione della domanda di collocamento a riposo all’amministrazione di competenza con preavviso di sei mesi, nonché presentazione della domanda telematica di pensione). Nel caso del comparto scolastico e di AFAM si applicano le scadenze di cui all’art. 59 del D.Lgs. n. 449/1997, che prevedono la domanda di collocamento a riposo entro dicembre e la decorrenza del trattamento dal successivo anno scolastico.
L’Inps (circolare n. 11/2019, par.1.3.1) ricorda che la data di decorrenza della pensione rispetta le regole generali delle singole gestioni e degli ordinamenti. Pertanto:
- la decorrenza per gli iscritti al Fondo pensione lavoratori dipendenti si situa sempre al 1° giorno del mese successivo alla finestra trimestrale (es. maturazione requisito ad aprile 2019, accesso non anteriore al 1° agosto 2019);
- la decorrenza per gli iscritti alle gestioni esclusive dell’Assicurazione generale obbligatoria (es. Fondo speciale ferrovieri o ex Inpdap) si situa sempre al giorno immediatamente successivo alla fine della finestra di 3 o 6 mesi (es. dipendente Trenitalia, maturazione requisito il 28 maggio 2019, accesso non anteriore al 29 agosto 2019; pubblico dipendente con maturazione del requisito al 26 febbraio 2019, accesso non anteriore al 27 agosto 2019).
Requisito contributivo
La Legge n. 26/2019 prescrive un requisito di 38 anni ai fini del mantenimento del diritto alla percezione della pensione in Quota, specificando, al comma 2 dell’articolo 14, che gli assicurati potranno, al fine del diritto, cumulare i contributi cronologicamente non sovrapposti accantonati presso tutte le gestioni dell’Inps. Il trattamento risultante sarà liquidato da ogni gestione con metodo “pro quota” (senza pertanto alcuna ripercussione sulle quote retributive dell’assegno in caso di cumulo di carriere fra loro disomogenee dal punto di vista reddituale).
I liberi professionisti iscritti ad albo potranno utilizzare i propri contributi accantonati presso le casse privatizzate solo ricorrendo alla ricongiunzione onerosa ex L. n. 45/1990, accentrandoli integralmente nell’Inps.
Va però specificato che, ai sensi dell’art. 22 della L. n. 153/1969, qualsiasi pensione di anzianità contributiva, fra cui quella in Quota 100, non potrà decorrere se non in presenza di un sub-requisito di 35 anni di contributi “effettivi”.
Per contribuzione effettiva si intende qualsiasi contribuzione a eccezione di quella da disoccupazione e malattia non integrata dal datore di lavoro, come specificato dalla circolare Inps n. 180/2014, par. 2.
Divieto di cumulo reddituale
Il comma 3 dell’art. 14 della Legge in esame ripristina il divieto di cumulo già abrogato dal 2009 per effetto del d.l. n. 112/2008. La norma specifica che:
“La pensione Quota 100 non è cumulabile, a far data dal primo giorno di decorrenza della pensione e fino alla maturazione dei requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia, con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale, nel limite di 5.000 euro lordi annui”.
Il divieto di cumulo è reddituale e non riferito ad alcuna attività in sé e per sé, ma solo ai redditi connessi alle stesse, se rientranti in due delle sei categorie del D.P.R. n. 917/1986 (TUIR) tassativamente elencate dal legislatore, vale a dire: redditi di lavoro dipendente ex art. 49 TUIR (e assimilati, ex art. 50) e redditi di lavoro autonomo (art. 53). La norma prevede poi una parziale cumulabilità con i redditi diversi (art. 67 c.1 lett. l) TUIR) prodotti per attività di lavoro autonomo occasionale, ai sensi dell’art. 2222 c.c.; ci si riferisce a quelle attività svolte in autonomia da soggetti che non esercitano abitualmente arti o professioni, pertanto privi di partita IVA e che emettono ricevute con ritenuta d’acconto del 20%, normalmente sottoposti a contribuzione alla Gestione Separata (con aliquota del 33,72%), ma solo oltre la soglia di esenzione annua di 5.000 euro lordi annui (d.l. n. 269/2003). Proprio questa soglia è eletta a limite di compatibilità con i redditi di pensione in Quota 100.
Il divieto non è stabile, ma si limita all’arco temporale compreso dal momento della decorrenza della pensione (dopo la finestra di differimento) fino al momento del compimento del requisito anagrafico della pensione di vecchiaia che, dal 2021, subirà gli adeguamenti a speranza di vita ex L. n. 122/2010 secondo i decreti emanati dal MEF.
Nella circolare n. 11/2019, l’Inps ha fornito una prima lettura molto inclusiva del divieto di cumulo, asserendo che il medesimo scatta nel caso di percezione di “redditi derivanti da qualsiasi attività lavorativa svolta, anche all’estero”. Oltre a riferirsi all’estero (anche in paesi privi di convenzioni internazionali in materia fiscale e/o di sicurezza sociale con l’Italia), l’Inps riferisce l’incumulabilità a qualsiasi reddito presenti un nesso eziologico con un’attività lavorativa. Tale lettura rischia di includere nel novero dei redditi incumulabili anche quelli che, secondo il tenore letterale della norma, sarebbero legittimamente percepibili. Si pensi a quelli di capitale o di impresa, ad esempio percepiti da un socio lavoratore che abbia diritto agli utili prodotti dalla propria impresa; tali redditi, pur non essendo afferenti alle due categorie reddituali nominate dalla norma, presentano un legame con l’apporto del proprio lavoro, rischiando così di azionare il divieto di cumulo. La medesima circolare ha inoltre specificato che il divieto di cumulo, se trasgredito, determina non la decadenza dal diritto a pensione – che sarà comunque mantenuto -, ma la restituzione delle rate di pensione già percepite nell’anno di imposta e di quelle ulteriormente spettanti nello stesso anno. Il pensionato riprenderà a percepire la pensione a partire dal successivo anno d’imposta, sempre a condizione che non infranga nuovamente il divieto.
Quota 100 e decadenza dalla NASpI
La prassi finora diramata dall’Ente previdenziale non ha chiarito se la maturazione dei requisiti di accesso alla pensione in Quota 100 determini la decadenza dal diritto alla indennità di disoccupazione (NASpI). Va precisato che il rapporto fra diritto a pensione e percezione della NASpI non è trattato direttamente dal D.Lgs. n. 22/2015, il quale, tuttavia, all’art. 14 rimanda a tutte le misure in materia di ASpI (la precedente versione dell’indennità di disoccupazione introdotta dalla riforma del mercato del Lavoro dell’ex Ministro Fornero) in quanto compatibili. L’art. 2 della L. n. 92/2012 aveva individuato le cause di decadenza dall’indennità di disoccupazione al comma 40, annoverando fra quelle alla lettera c) il “raggiungimento dei requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato”. Andrebbe rilevato sul punto che l’art. 14, c. 1, del d.l. n. 4 convertito in L. n. 26/2019 definisce la Quota 100 come pensione “anticipata”; andrà tuttavia tenuto in considerazione che tale forma di pensionamento è derogatoria rispetto alle modalità ordinarie previste dalla riforma Monti-Fornero, cui l’art. 2 della L. n. 92/2012 faceva esplicito riferimento e costituisce una fattispecie temporanea e sperimentale. Pertanto, in attesa dei necessari chiarimenti da parte dell’Inps, si può ritenere che la maturazione dei requisiti della pensione in esame non determinino la decadenza dall’indennità di disoccupazione.
Gli esodi aziendali
La riforma del welfare esclude che l’accompagnamento a pensione con fideiussione, previsto dall’art. 4 (cc. 1-7ter) della L. n. 92/2012, possa essere concluso dai datori di lavoro del settore privato con l’obiettivo di accompagnare alla pensione in Quota 100. Pertanto, chi utilizzerà lo strumento dell’isopensione (Cf. Circolare della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro n. 16/2013) non potrà essere accompagnato a Quota 100, ma unicamente alla pensione di vecchiaia (fino al 2020 con requisiti pari a 67 anni di età e 20 anni di contributi) o alla pensione anticipata (42 anni e 10 mesi per gli uomini con finestra trimestrale entro il 2026, un anno di contributi in meno per le lavoratrici con la medesima finestra).
Diverso è il caso delle società che rientrano nel campo di applicazione dei fondi di solidarietà bilaterali. Infatti, l’art. 22 della riforma del welfare, oltre a potenziare la possibilità di utilizzo della contribuzione da riscatto e/o da ricongiunzione direttamente da parte del datore di lavoro, consente di fruire di uno speciale assegno straordinario di accompagnamento a Quota 100 per tutti i dipendenti che maturino i requisiti citati entro il 31 dicembre del 2021. L’assegno coprirà anche il periodo della finestra nel trimestre successivo, al massimo fino alla fine di marzo 2022 per gli assicurati che maturino il diritto a Quota 100 nel dicembre del 2021. I datori di lavoro dei settori coperti dai Fondi in questione (Credito, Credito Cooperativo, Assicurazioni, Trasporto Aeroportuale, Ferrovie dello Stato, Poste Italiane, il nascente fondo dell’Industria Chimico-Farmaceutica TRIS ecc.) potranno accompagnare i lavoratori, una volta risolto consensualmente il rapporto, verso Quota 100 sostenendo il costo, per il tramite del Fondo, della contribuzione correlata e di un assegno di accompagnamento pari alla pensione maturata al momento della cessazione.
Per poter accedere a questo bacino di ricambio generazionale i datori di lavoro dovranno siglare anche un accordo sindacale di II livello con cui si individuino dei meccanismi di garanzia dei livelli occupazionali; la norma fa infatti riferimento al numero dei lavoratori da assumere in sostituzione dei lavoratori esodati. Spetterà alle parti sociali individuare il punto di equilibrio del rapporto fra risorse esodate e neoassunte, che non necessariamente rispetterà la proporzione 1:1, anche considerando il ricorso, ad esempio, a rapporti a tempo parziale.
L’anticipo del TFS per i dipendenti pubblici
La riforma, tenendo conto delle peculiari modalità di erogazione del trattamento di fine servizio a favore dei dipendenti pubblici (differimento fino a 24 mesi nel caso di dimissioni senza diritto a pensione, con un numero di rate annuali per la liquidazione materiale incrementabile, a seconda del valore lordo del trattamento, oltre i 50.000 euro), ha previsto un meccanismo di anticipo del trattamento. I dipendenti pubblici che accedano a pensione in Quota 100, che accedano o abbiano avuto accesso ai pensionamenti ordinari potranno chiedere un finanziamento fino a un massimo di 45.000 euro, le cui caratteristiche (fra cui gli interessi applicati e trattenuti direttamente sul TFS al momento della reale erogazione) saranno chiarite dalle convenzioni stipulate con banche e intermediari finanziari aderenti. Con un’indiretta compensazione degli interessi che saranno maturati sull’anticipo, l’art. 24 della riforma prevede un meccanismo di detassazione del TFS con una riduzione dell’imposta compresa fra l’1,5 e il 7,5% a seconda del tempo trascorso fra la cessazione del servizio e l’erogazione del TFS (da 12 a 60 mesi). La detassazione sarà applicata su un imponibile di valore non superiore a 50.000 euro.
Altre misure illustrate nella Circolare 5/2019
La Circolare 5/2019 della Fondazione Studi illustra e approfondisce anche altre misure che affluiscono alla riforma del welfare licenziata dall’Esecutivo nelle scorse settimane. Tra di esse:
- Pensione anticipata ordinaria;
- Pensione anticipata per lavoratori precoci;
- Nuova opzione donna;
- APE Sociale;
- Riscatto agevolato della laurea;
- Pace contributiva.
Questo articolo è stato modificato per l'ultima volta il 9 Aprile 2019 16:50