La Circolare 16/2018 della Fondazione Studi, denominata “Guida all’applicazione del Decreto Dignità dopo la conversione in Legge” analizza e commenta le novità introdotte dal DL 12 Luglio 2018 n. 87, convertito con modificazioni, dalla Legge 9 Agosto 2018 n. 96 (G.U. 11/08/2018 n. 186).
Nella Premessa alla Circolare 16/2018, Rosario De Luca, Presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro segnala che la Legge 96/2018 che ha convertito il cosiddetto Decreto Dignità non ne muta in maniera significativa l’impianto normativo pur apportando diffuse e significative modifiche alle disposizioni precedenti che rendono l’intervento più organico, nonostante le perplessità espresse dalla categoria all’indomani dell’emanazione del Decreto.
Nella Legge di Conversione sono state apportate correzione in materia di somministrazione e sono stati modificati gli importi in caso di licenziamento; è stato poi introdotto un regime transitorio che impone di prestare particolare attenzione ad alcune questioni applicative, dal momento che dall’individuazione del corretto regime contrattuale da applicare al contratto a tempo determinato, alla luce della successione delle leggi e del relativo differimento operato dalla norma di conversione, consegue la legittimità del contratto, l’effettività della sua durata e l’assenza di ricadute pregiudizievoli per le imprese.
Il nuovo impianto normativo, inoltre, rinnova profondamente il concetto di tempo determinato nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato e limita a 12 mesi la durata massima del termine senza causale e introduce la possibilità di apporre un termine superiore – comunque entro i 24 mesi – in presenza di specifiche condizioni legate ad esigenze temporanee e oggettive, estranee all’attività ordinaria, quali esigenze di sostituzione di altri lavoratori, esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività.
Introdurre una causalità obbligatoria nel secondo anno (nei secondi 12 mesi) di contratto a tempo determinato rappresenta, di fatto, una restrizione all’utilizzo di questa tipologia contrattuale, dal momento che le condizioni nominate difficilmente si applicano in concreto.
Anche la previsione del regime transitorio fa scaturire diversi problemi di interpretazione in materia di rinnovi e proroghe, dal momento che la norma risulta poco declinata.
Con la Circolare 16/2018, che prosegue di fatto il lavoro di analisi del Decreto Dignità già iniziato nelle precedenti circolari 14/2018 e 15/2018, la Fondazione Studi propone interpretazioni applicative riguardo a tutti gli istituti giuridici interessati dal provvedimento, allo scopo di dare ai consulenti del lavoro un valido strumento operativo.
Decreto Dignità: l’applicazione del nuovo contratto a tempo determinato
Il Decreto Legge 87/2018 e la successiva Legge di Conversione 96/2018 modificano l’art. 19, comma 1 del D. Lgs. 81/2015 (Jobs Act) nel modo seguente:
- Il contratto di lavoro subordinato a termine senza causale ha una durata massima di 12 mesi;
- è possibile apporre un termine superiore, ma non oltre i 24 mesi, in presenza di specifiche condizioni quali:
- condizioni imprevedibili, legate ad esigenze estranee all’ordinaria attività o a cause di forza maggiore (come calamità naturali);
- esigenze di sostituzione di altri lavoratori per ragioni prevedibili (come le ferie) o imprevedibili (come la maternità, l’infortunio, la malattia);
- esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività temporanea (come una commessa urgente e non gestibile da parte del normale organico aziendale);
In caso di stipula di un contratto di durata superiore ai 12 mesi in assenza delle condizioni esplicitate sopra, il contratto si trasforma a tempo indeterminato dalla data del superamento del termine di 12 mesi.
Ciò implica, come previsto dal comma 4 art. 12 del D. Lgs. 81/2015, che nell’atto scritto debba essere inserita una specificazione dettagliata delle esigenze che giustificano l’apposizione di un termine al contratto nei seguenti casi:
- quando il contratto a termine stipulato ha una durata superiore ai 12 mesi;
- in caso di rinnovo del contratto;
- in caso di proroga dello stesso rapporto di lavoro quando il termine complessivo eccede i 12 mesi;
L’apposizione del termine al contratto è priva di effetto se non risulta da atto scritto. L’onere della prova grava sul datore di lavoro.
In base al comma 2 dell’articolo 19 la durata massima dei contratti a termine passa da 36 a 24 mesi relativamente ai rapporti di lavoro intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, per effetto di una successione di contratti, per lo svolgimento di mansioni di pari livello e di pari categoria legale, a prescindere dai periodi di interruzione tra un contratto e l’altro e compresi i periodi di missione. A tal proposito la Fondazione Studi ritiene che il limite dei 24 mesi di durata del contratto a tempo determinato non operi in caso di stipula con lo stesso lavoratore di un nuovo contratto a tempo determinato in categorie legali differenti.
Qualora il limite dei 24 mesi per effetto di un unico contratto o di una successione di contratti (a tempo determinato o in somministrazione a tempo determinato) dà luogo alla trasformazione in contratto a tempo indeterminato, a partire dalla data di superamento.
Questa modifica, apportata al comma 2 dell’articolo 19 del D. Lgs. 81/2015 fa salve le diverse disposizioni previste dai contratti collettivi in merito alla possibilità di derogare alla durata massima di 24 mesi.
Per quanto riguarda le proroghe e i rinnovi del contratto a tempo determinato occorre considerare che:
- il contratto può essere rinnovato solo a fronte delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1 del D. Lgs. 81/2015;
- Il contratto possa essere prorogato nei primi 12 mesi e, successivamente, solo in presenza delle condizioni di cui all’art. 19, comma 1, del D. Lgs. 81/2015;
Occorre, in ogni caso, ribadire la differenza tra proroga e rinnovo, nei seguenti termini:
- per proroga si intende il protrarsi nel tempo del medesimo contratto attraverso il rinvio di un termine o di una scadenza;
- per rinnovo si intende “la rinegoziazione” con i medesimi soggetti delle condizioni contrattuali, fermi restando il mantenimento della mansione e della categoria legale;
Nella proroga il termine finale di durata può essere spostato in avanti per un massimo di 4 volte entro il limite dei 24 mesi, a prescindere dal numero di contratti stipulati; se la proroga si protrae oltre i dodici mesi diventano necessarie sia le causale sia il consenso scritto del lavoratore. Se le proroghe sono in numero superiore a 4 il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della quinta proroga.
Per quanto riguarda il rinnovo, il cui termine finale non può comunque superare i 24 mesi, le causali di cui al comma 1 dell’art. 19 del D. Lgs. 81/2015 sono sempre obbligatorie.
In occasione di ogni rinnovo del contratto a tempo determinato, anche in somministrazione, il contributo addizionale (pari all’1,4% della retribuzione imponibile a fini previdenziali) aumenta dello 0,5%.
La nuova normativa, inoltre, impone un limite del 20% dei contratti a tempo determinato presenti in azienda (rispetto alla totalità dei contratti) e un limite del 30% del numero dei lavoratori a tempo determinato, alla data del 1 gennaio dell’anno di stipula.
Il contratto a tempo determinato può essere impugnato entro 180 giorni dalla cessazione del singolo contratto, con qualsiasi atto scritto che consenta la manifestazione della volontà del lavoratore, anche attraverso l’intervento di un’organizzazione sindacale. L’impugnazione, per essere efficace, deve essere seguita, entro il termine dei 180 giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione del giudice del lavoro.
Nell’ipotesi di trasformazione del contratto a tempo determinato in tempo indeterminato il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno a favore del lavoratore, prevedendo un’indennità onnicomprensiva variabile tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità.
Il nuovo regime delle tutele previste dal Decreto Dignità, in forza della Legge di Conversione 96/2018 si applica ai rinnovi e alle proroghe contrattuali successivi al 31 ottobre 2018, in luogo dell’originaria formulazione del Decreto Legge 87/2018 che prevedeva un’applicazione immediata della nuova normativa e conseguenti problemi di applicazione.
Altre misure introdotte dal Decreto Dignità e illustrate nella Circolare 16/2018
Oltre al regime transitorio e alle specifiche casistiche previste per l’applicazione del nuovo regime di tutele, su rinnovi e proroghe, la Circolare 16/2018 della Fondazione Studi illustra e approfondisce anche ulteriori rapporti di lavoro riformati dal Decreto Dignità, quali:
- La somministrazione di lavoro a tempo determinato;
- Il lavoro intermittente;
- Le indennità e gli importi conciliativi nelle ipotesi di licenziamento;
- L’offerta di conciliazione;
- Le misure di contrasto alla delocalizzazione delle imprese;
- I limiti alla delocalizzazione per le imprese beneficiarie di aiuti;
- La tutela dell’occupazione nelle imprese beneficiarie di aiuti;
- Il recupero del beneficio dell’iperammortamento in caso di cessione o delocalizzazione degli investimenti;
- Il nuovo esonero contributivo;
- Le nuove prestazioni occasionali;
La Guida all’applicazione del Decreto Dignità, offerta dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro nella Circolare 16/2018 si conclude con un quadro normativo del Regime Transitorio che scandisce le tappe dell’effettiva entrata in vigore del provvedimento.
Questo articolo è stato modificato per l'ultima volta il 21 Settembre 2018 14:29