L’Approfondimento del 27/2/2020 della Fondazione Studi illustra le modalità di attivazione del lavoro agile semplificato, o smart working, alla luce della diffusione del virus COVID-19, altrimenti conosciuto come Coronavirus.
Il documento elaborato dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro si è reso necessario per i dubbi sorti riguardo alle modalità previste dai DPCM del 23 e 25 febbraio 2020 e riguardo al modello di autocertificazione.
L’emergenza epidemiologica e le conseguenze, di fatto e di diritto, sul rapporto di lavoro
La necessità di evitare il diffondersi del COVID-19, il cosiddetto “Coronavirus”, crea situazioni particolari anche nella gestione delle assenze dal lavoro, conseguenti alle misure adottate dalle autorità nell’ambito delle aree considerate a rischio epidemiologico. Il decreto legge varato il 23 febbraio 2020 dal Governo – che assegna ai ministri ampi poteri di intervento straordinario per delimitare le potenziali occasioni di diffusione dei focolai – ha incrementato le occasioni in cui le attività lavorative possono essere particolarmente condizionate da interventi di pubbliche attività.
Ciò rende necessaria la verifica di tali conseguenze, nonché lo scrutinio delle soluzioni adottabili, sia attraverso gli strumenti disponibili che attraverso quelli introdotti, o in via di introduzione, per fronteggiare tale situazione speciale.
L’impossibilità della prestazione lavorativa da accesso o da diviento di uscita
Essere impossibilitati a prestare la propria attività lavorativa a causa del divieto di accesso in determinate zone o subire un divieto di uscita da quella in cui ci si trova rappresentano senz’altro due ipotesi nelle quali, in linea teorica, si realizza l’impossibilità della prestazione per fatti non imputabili al lavoratore né al datore di lavoro che, spesso, la giurisprudenza ha risolto ritenendo incolpevole il lavoratore per l’assenza e, allo stesso tempo, esonerando il datore di lavoro dalla corresponsione della retribuzione.
Tuttavia, l’ipotesi specifica con la quale ci stiamo confrontando, ha elementi di novità non indifferenti, considerate l’estensione del fenomeno, l’incertezza della sua durata e degli sviluppi, l’estraneità assoluta a qualsiasi elemento comunque riconducibile a ragioni inerenti la produzione o le esigenze del lavoratore. È pur vero che il rilievo dell’interesse immediatamente tutelato dai provvedimenti disposti in attuazione di quanto previsto dal D.L. n. 6/2020 – la salute pubblica – è tale da consentire la compressione di ogni altro diritto, ma è altrettanto vero che non è possibile che le conseguenze negative ricadano esclusivamente sul lavoratore (nel caso di condivisibilità dell’orientamento giurisprudenziale, negando il diritto alla retribuzione) e neppure sul datore, qualora, come invece prospettato giusta la premessa eccezionalità, non s’intendesse trascurare la tutela del diritto alla retribuzione.
È per la consapevolezza di questi motivi, sui quali – si ribadisce – incide in modo significativo la novità dei fatti concreti (non si ricordano, a memoria, nella storia moderna, epidemie di tale portata o comunque provvedimenti come il decreto in discorso), che, a prescindere dal se si voglia ritenere
plausibile la scelta (diritto alla retribuzione vs “tradizionale” giustificazione del suo diniego), è da prospettare:
- una soluzione di immediata attuabilità, come il lavoro agile, opportunamente considerato dall’art. 3 del DPCM del 23 febbraio e dall’art. 2 del DPCM del 25 febbraio 2020 e agevolato dal riconoscimento della possibilità della sua applicazione anche senza un accordo scritto;
- la promozione di strumenti di sostegno al reddito straordinari.
Quarantena obbligatoria, volontaria e “per sospetto”
In queste ipotesi la situazione è piuttosto chiara e c’è ben poco da aggiungere a livello normativo. Il lavoratore soggetto a “quarantena con sorveglianza attiva”, come dalla lettera h) dell’art. 1 del D.L. n. 6/2020, è da considerarsi sottoposto a un trattamento sanitario e perciò la sua assenza è assumibile secondo la disciplina della malattia. Sarà, dunque, lui stesso ad aver cura di trasmettere il relativo certificato medico attestante il suo status. Identiche considerazioni possono riferirsi rispetto alla quarantena c.d. “volontaria”, quando giustificata da esigenze riconducibili alla lettera i) del Decreto Legge.
Nessuna giustificazione invece, può essere riconosciuta al lavoratore assente semplicemente perché “timoroso” del contagio, senza che ricorra alcuno dei presupposti clinici-normativi. In questi casi egli potrà richiedere, al più, permessi o ferie, che potranno essergli concessi o negati, nell’ambito della esecuzione in buona fede del rapporto di lavoro, ma per i motivi generici previsti per questi istituti, senza che possa rilevare il suddetto suo mero “timore” che, di per sé, lo farebbe invece considerare assente ingiustificato, con ogni conseguenza, soprattutto dal punto di vista disciplinare.
Altri contenuti dell’Approfondimento 24/2/2020 della Fondazione Studi
L’Approfondimento del 27/2/2020 della Fondazione Studi è arricchito anche dai seguenti altri contenuti:
- Lavoro agile (riepilogo sulla normativa vigente);
- Le condizioni di applicabilità “emergenziali”;
- L’ambito applicativo territoriale;
- L’applicazione automatica e provvisoria;
- L’assenza della forma scritta;
- Le modalità applicative del lavoro agile “provvisorio”;
- La compilazione della autocertificazione;
- FAC-SIMILE del modello per l’autocertificazione.
Questo articolo è stato modificato per l'ultima volta il 28 Febbraio 2020 16:08