Con l’Approfondimento del 10 Ottobre 2019 la Fondazione Studi interviene sul tema del Contributo addizionale Naspi nei rinnovi dei contratti a tempo determinato in seguito alla conferma, fornita da INPS con il Messaggio 3447/2019, della proroga del termine di versamento della maggiorazione (0,5%) del contributo addizionale NASpI, per i rinnovi dei contratti a tempo determinato e delle somministrazioni a termine.
Nel messaggio n. 3447 del 24 settembre 2019, infatti, INPS comunica che il termine di esposizione della suddetta contribuzione, relativa al periodo compreso tra il 14 luglio 2018 (data di entrata in vigore del decreto legge n. 87/2018) e agosto 2019, è prorogato al mese di ottobre 2019. Pertanto, i datori di lavoro, nel flusso di competenza settembre o ottobre 2019, provvederanno ad esporre, per ogni singolo lavoratore interessato, secondo le modalità operative descritte nella circolare n. 121/2019, i valori complessivi relativi ad ognuno dei rinnovi intervenuti nel periodo sopra indicato. In merito all’ambito applicativo di tale contribuzione aggiuntiva sono sorti diversi dubbi interpretativi, in relazione ai quali si argomenta quanto segue.
L’ambito di applicazione del contributo addizionale Naspi dello 0,5%
Posta l’esemplificativa indicazione della norma richiamata all’interno della citata circolare n. 121 dell’Istituto, attraverso cui sono individuati i contratti a termine ai quali non si applica la disciplina dell’incremento del contributo addizionale, si pone il problema in merito all’ambito applicativo di tale contributo addizionale.
Al riguardo l’Inps ha inoltrato uno specifico quesito al Ministero del Lavoro. In attesa della risposta appare plausibile ritenere che il contributo addizionale dello 0,5% non sia applicabile al contratto intermittente a tempo determinato. Ciò per i seguenti motivi.
In primo luogo, per quanto emerge dal dato letterale della norma (art. 2, comma 28, legge n. 92/2012), secondo cui
“Con effetto sui periodi contributivi di cui al comma 25, ai rapporti di lavoro subordinato “non a tempo indeterminato” si applica un contributo addizionale, a carico del datore di lavoro, pari all’1,4 per cento della retribuzione imponibile ai fini previdenziali. Il contributo addizionale è aumentato di 0,5 punti percentuali in occasione di ciascun rinnovo del contratto a tempo determinato, anche in regime di somministrazione. Le disposizioni del precedente periodo non si applicano ai contratti di lavoro domestico”.
Sembra chiara, quindi, la volontà legislativa di distinguere l’ambito applicativo dei due contributi addizionali:
- l’1,4% trova una applicazione generalizzata a tutti i rapporti di lavoro non a tempo indeterminato;
- lo 0,5%, invece, trova una applicazione circoscritta al contratto a tempo determinato, tant’è che in questa seconda ipotesi il Legislatore volendolo estendere anche al contratto di somministrazione, ha inserito l’espresso riferimento a quel regime.
Il contratto intermittente a tempo determinato va ricompreso nella ipotesi a), così come precisato dall’INL nell’interpello n. 15/2013. Non può, invece, essere ricompreso il contratto di lavoro intermittente a tempo determinato nella ipotesi b), in quanto:
- il contratto intermittente è fattispecie contrattuale speciale autonoma che non può essere ricondotta nel contratto a tempo determinato, rispetto al quale mantiene una completa indipendenza normativa. Negli art. 13 e ss. del D.Lgs. n. 81/2015, infatti, viene declinata la possibilità che il lavoro a chiamata possa essere “anche a tempo determinato”, senza alcun rimando alla regolamentazione propria del contratto a tempo determinato;
- il concetto di rinnovo proprio del contratto intermittente mantiene una natura giuridica del tutto differente, essendo il rinnovo del tempo determinato ontologicamente speciale, prevedendo le causali e, come tale, non estensibile in via analogica ad altre fattispecie.
Emerge che la previsione di cui all’art. 2, comma 28, legge n. 92/2012 nella parte in cui prevede l’addizionale dello 0,5% ai rinnovi, non possa trovare applicazione alla fattispecie del contratto intermittente a tempo determinato, per mancanza di previsione legislativa e impossibilità di applicazione analogica. Parimenti, tale addizionale dello 0,5% non potrà trovare applicazione in tutte quelle fattispecie escluse “ex lege” dalla normativa del tempo determinato, la cui estensione non sia altrimenti prevista.
Al riguardo, si sottolinea che, ai sensi dell’art. 29 del D.Lgs. n. 81/2015, sono esclusi dal campo di applicazione della disciplina del lavoro a tempo determinato, di cui al Capo III del D.Lgs. citato, i rapporti per l’esecuzione di speciali servizi di durata non superiore a tre giorni nel settore del turismo e dei pubblici esercizi, nei casi individuati dai contratti collettivi.
Alternanza, somministrazione a termine e contratto a termine
Come noto l’articolo 2 del decreto legge n. 87/2018, convertito con modificazioni dalla legge n. 96/2018, modificando l’articolo 34, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2015, ha esteso al rapporto tra l’agenzia di somministrazione e il lavoratore la disciplina del contratto a tempo determinato.
In particolare, a seguito delle novità introdotte, il primo periodo del comma 2 dell’art. 34 del D.Lgs. n. 81/2015 prevede che, in caso di assunzione a tempo determinato, il rapporto di lavoro tra somministratore e lavoratore sia soggetto alla disciplina di cui al Capo III del D.Lgs. n. 81/2015, con espressa esclusione delle disposizioni di cui agli articoli:
- art. 21, comma 2, D.Lgs. n. 81/2015;
- art. 23 D.Lgs. n. 81/2015;
- art. 24 D.Lgs. n. 81/2015.
In merito a tale tematica il Ministero del Lavoro, con la circolare n. 17 del 31 ottobre 2018, ha precisato come il limite temporale di 24 mesi, efficace tanto in caso di ricorso a contratti a tempo determinato quanto nell’ipotesi di utilizzo di contratti di somministrazione a termine, deve essere valutato con riferimento al rapporto che il lavoratore ha avuto con il singolo utilizzatore, dovendosi a tal fine considerare sia i periodi svolti con contratto a termine, sia quelli in cui sia stato impiegato in missione con contratto di somministrazione a termine, per lo svolgimento di mansioni dello stesso livello e categoria legale.
In ragione delle predette disposizioni, così come peraltro confermato dalle indicazioni introdotte a titolo esemplificativo dalla circolare ministeriale, si ritiene che l’obbligo di sottostare ai dettami di cui al comma 1 dell’art. 21 del D.Lgs. n. 81/2015, in riferimento alla somministrazione di lavoratori a termine, sorga non solo quando i periodi siano riferiti al medesimo utilizzatore nello svolgimento di una missione di durata superiore a 12 mesi, ma anche qualora lo stesso utilizzatore abbia instaurato un precedente contratto di lavoro a termine con il medesimo lavoratore per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria. Parimenti le cd. causali dovranno essere indicate nel caso in cui l’utilizzatore decida, viceversa, di assumere direttamente alle proprie dipendenze, con un contratto a tempo determinato, il medesimo lavoratore che abbia già svolto in azienda un precedente periodo di missione in somministrazione a termine per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria.
Fatte tali premesse, è necessario ricordare che l’articolo 3, comma 2, del D.L. n. 87/2018 dispone che il contributo addizionale NASpI è aumentato di 0,5 punti percentuali in occasione di ciascun rinnovo del contratto a tempo determinato. Al riguardo, il Ministero del Lavoro nella circolare n. 17/2018 ha chiarito che
“[…] al primo rinnovo del contratto a tempo determinato la misura ordinaria dell’1,4% andrà̀ incrementata dello 0,5%. In tal modo verrà determinata la nuova misura del contributo addizionale cui aggiungere nuovamente l’incremento dello 0,5% in caso di ulteriore rinnovo. Analogo criterio di calcolo dovrà essere utilizzato per eventuali rinnovi successivi, avuto riguardo all’ultimo valore base che si sarà venuto a determinare per effetto delle maggiorazioni applicate in occasione di precedenti rinnovi”.
Pertanto, ad ogni rinnovo di contratto di lavoro a tempo determinato, ovvero di somministrazione a tempo determinato, l’incremento dello 0,5% si sommerà a quanto dovuto in precedenza a titolo di contributo addizionale. La predetta misura varrà anche qualora si riscontri un’alternanza tra contratti a tempo determinato e contratti di somministrazione a termine, tra i medesimi datore di lavoro e lavoratore, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale, indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l’altro.
Questo articolo è stato modificato per l'ultima volta il 5 Novembre 2019 9:11