La Camera ha recentemente approvato la conversione in legge il Decreto n. 25 del 17 marzo 2017 che stabiliva l’abrogazione delle precedenti disposizioni relative al lavoro accessorio, ovvero l’abrogazione dei voucher, e la modifica delle precedenti disposizioni sulla responsabilità solidale in materia di appalti.
Anche se il provvedimento dovrà essere vagliato dal Senato prima di poter dirsi definitivamente approvato, può già considerarsi concluso l’iter normativo che ha portato all’abolizione dei voucher: il Decreto Legge n, 25/17, pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 17 marzo 2017 ed entrato immediatamente in vigore, ha previsto che sono utilizzabili fino al 31 dicembre 2017 solo i voucher acquistati entro il 17 marzo 2017.
L’approfondimento della Fondazione Studi
Il 24 Marzo 2017, subito dopo l’approvazione del Decreto, la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro ha pubblicato un approfondimento dove vengono analizzati i vari strumenti utili a regolarizzare i rapporti di lavoro occasionali, in attesa di un intervento normativo ad hoc che colmi il vuoto lasciato dall’abrogazione dei voucher.
L’approfondimento della Fondazione Studi considera il contratto di somministrazione, il lavoro intermittente e le collaborazioni coordinate e continuative, confrontandone i costi (sia su base oraria che su base mensile) con quelli prodotti dal contratto di lavoro accessorio, allo scopo di evidenziare le differenze e i vantaggi per il datore di lavoro e il lavoratore.
Secondo l’approfondimento pubblicato dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro è, quindi, il lavoro a chiamata a rappresentare l’alternativa più valida ai voucher sebbene questa tipologia di contratto preveda limiti di età, per quanto riguarda le possibilità di assunzione, sia riservata solo a specifiche qualifiche e preveda dei limiti temporali.
Il contratto di lavoro intermittente o a chiamata può essere, infatti utilizzato qualora sia necessario assumere un lavoratore per prestazioni che hanno una frequenza non predeterminabile: il datore di lavoro può, in tal modo, servirsi dell’attività del lavoratore chiamandolo quando ha necessità delle sue prestazioni. Ecco quali sono, nel dettaglio, le caratteristiche di questa tipologia di contratto.
Il contratto a chiamata
Il base a quanto previsto dal D. Lgs. 81/2015 (Decreto del Jobs Act sul riordino dei contratti di lavoro) che ne ha rivisitato la disciplina il contratto a chiamata deve essere, innanzitutto, redatto in forma scritta (per dimostrarne la sussistenza), specificando in particolare la durata a tempo determinato o indeterminato.
Il contratto di lavoro intermittente può essere stipulato solo in alcuni specifici casi:
- per esigenze esplicitamente previste dai contratti collettivi, con riferimento allo svolgimento di prestazioni in periodi specifici e predeterminati, siano essi nell’arco della settimana, del mese o dell’anno;
- per soggetti di età inferiore a 24 anni, oppure, di età superiore a 55 anni; le prestazioni a chiamata si devono comunque concludere entro il compimento del 25esimo anno di età del lavoratore;
Se le esigenze in cui è possibile ricorrere al lavoro intermittente non sono esplicitamente previste dai contratti collettivi, è comunque possibile ricorrere a un apposito decreto ministeriale che le elenca. In particolare, come previsto anche dall’Interpello n. 10/16, le possibilità di ricorrere a prestazioni di lavoro intermittenti possono ancora essere desunte dalle attività di carattere discontinuo elencate nella tabella allegata al R.D. n. 2657 del 1923.
In base alla nuova disciplina raccolta nel Decreto Legislativo n. 81/2015, il contratto di lavoro intermittente o a chiamata può essere utilizzato per ciascun lavoratore e con il medesimo datore di lavoro per un periodo complessivamente non superiore alle 400 giornate nell’arco di tre anni solari (le regole e le istruzioni operative per il calcolo delle giornate sono state pubblicate nella circolare n. 35/2013 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali), ad eccezione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo. Se questo periodo viene superato il rapporto di lavoro intermittente deve necessariamente trasformarsi in un rapporto a tempo pieno e indeterminato.
Se il lavoratore si impegna contrattualmente a rispondere alla chiamata è prevista un’indennità di disponibilità il cui importo è determinato dai contratti collettivi e non può mai essere inferiore all’importo minimo fissato da un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentite le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Il lavoratore iscritto nella lista di mobilità e assunto con contratto di lavoro intermittente a tempo indeterminato, senza obbligo di risposta alla chiamata, mantiene comunque l’iscrizione nella lista.
Il datore di lavoro è tenuto ad effettuare sia la Comunicazione Obbligatoria, sia una comunicazione amministrativa prima dell’inizio dello svolgimento della prestazione lavorativa svolta dal medesimo lavoratore, o prima dell’inizio di più prestazioni di durata non superiore a 30 giorni svolte all’interno di una preventiva pianificazione.
La comunicazione della chiamata per il lavoro intermittente
Il Decreto Interministeriale del 27 marzo 2013 e la Circolare MLPS n. 27/13 hanno specificamente definito le modalità per effettuare la comunicazione della chiamata per il lavoro intermittente. Tale comunicazione è possibile anche attraverso la App Lavoro Intermittente che consente alle aziende di comunicare in modo semplice e rapido le chiamate per questo tipo di prestazioni.
Il funzionamento di questa applicazione è molto semplice: occorre inserire il codice fiscale del lavoratore, la data di inizio e di fine della prestazione e il codice della comunicazione obbligatoria.
La App consente anche di annullare chiamate inviate, ricercare comunicazioni inserite e registrare il proprio numero di cellulare, per consentire al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali di riconoscere chi inserisce le comunicazioni.
Questo articolo è stato modificato per l'ultima volta il 13 Aprile 2017 9:31