Richieste di documenti e notizie già in possesso della Pubblica Amministrazione: perché sono illegittime?
Nonostante l’azione più che ventennale del legislatore per realizzare la cosiddetta semplificazione amministrativa le richieste di documenti già in possesso della pubblica amministrazione e altri disservizi collegati alla farraginosità della macchina amministrativa continuano a essere una costante della vita professionale dei consulenti del lavoro.
Molti uffici o agenzie ministeriali, tra le quali l’INPS, tutti comunque appartenenti alla PA, continuano infatti a richiedere ai contribuenti documenti che questi ultimi hanno già fornito precedentemente ad altri uffici rendendo ancora troppo frequente una cattiva prassi che non dà solo luogo a una serie di richieste palesemente illegittime e ripetutamente condannate dalla giustizia penale e amministrativa ma, soprattutto, a un aggravio dei tempi necessari per fornire i servizi richiesti dai cittadini e a un conseguente aumento dei costi della stessa macchina amministrativa.
Per comprendere meglio questo problema e per configurarlo nella sua reale veste, ossia quale una violazione d’ufficio, pura e semplice, è opportuno comprendere qual è stato l’iter che ha, almeno tentato, di realizzare la semplificazione amministrativa e che vieta le richieste di documenti già in possesso della pubblica amministrazione.
Cosa prevede la normativa sulle richieste di documenti già in possesso della PA?
La nozione di semplificazione amministrativa è stata introdotta più di venticinque anni fa dalle leggi Bassanini in cui viene esplicitamente previsto che
“al contribuente non possono, in ogni caso, essere richiesti documenti ed informazioni già in possesso dell’Amministrazione” (c. 2, art. 18, l. 241/1990, successivamente ripreso anche nel c. 4, art. 6, l. 212/2000)
Ciò significa che l’amministrazione stessa ha l’onere di produrre ogni documento, anche favorevole al contribuente, che sia già in suo possesso. Tale principio vale anche nelle procedure giudiziali come, ad esempio, il processo tributario, dove all’Amministrazione spetta l’onere della prova.
Un secondo principio normativo di fondamentale importanza è presente in un’altra delle leggi Bassanini che si concentra sull’uso degli strumenti telematici e sulla validità dei documenti prodotti e inviati con essi:
“gli atti, i dati e i documenti formati dalla pubblica amministrazione e dai privati con strumenti informatici e telematici, i contratti stipulati nelle medesime forme, nonché la loro archiviazione e trasmissione con strumenti informatici e telematici, sono validi e rilevanti ad ogni effetto di legge” (c. 2, art. 15, l. 59/1997).
Questa norma è di fondamentale importanza perché, nel momento della sua emanazione era caratterizzata da una portata profondamente innovativa che, a distanza di quasi 20 anni, non può dirsi ancora pienamente realizzata. Non solo, la norma appena richiamata affermava criteri e principi omogenei tra il settore pubblico e il privato, al fine di evitare corsie e velocità differenti tra i due comparti ma perseguiva anche, attraverso l’informatizzazione di tutti gli atti e di tutti i procedimenti amministrativi, la riduzione dei procedimenti stessi e dei costi ad essi correlati (che erano di entità ancora maggiore quando l’amministrazione pubblica registrava e archiviava documenti cartacei) e il fine di garantire il diritto di accesso agli atti amministrativi previsto dalla precedente L. 241/1990.
Alla nostra rassegna di norme relative alla semplificazione amministrativa occorre aggiungere anche il DPR 448/2000 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa) conosciuto a gran parte degli utenti perché consente di autocertificare direttamente circostanze e fatti che prima potevano essere dimostrate solo con appositi certificati. Più nello specifico questo provvedimento ha eliminato l’obbligo di certificare alcuni fatti, prolungato la durata della validità di alcuni certificati e ampliato i casi di autocertificazione ammessi. Le dichiarazioni sostitutive, inoltre, sono state riorganizzate in due grandi categorie: quelle che, sostituendo una certificazione, consentono al dichiarante di di attestare informazioni in proprio possesso su quanto già risulta da registri, elenchi o albi di una pubblica amministrazione e quelle che sostituiscono il documento conosciuto come “atto notorio” e che hanno come proprio oggetto la veridicità di ogni altro fatto che non risulta da registri o elenchi della PA.
Il già richiamato statuto del contribuente (l. 212/2000) costituisce un altro tassello importante nella normativa relativa alla semplificazione amministrativa, poiché prevede che
“Al contribuente non possono, in ogni caso, essere richiesti documenti ed informazioni già in possesso dell’amministrazione finanziaria o di altre amministrazioni pubbliche indicate dal contribuente. Tali documenti ed informazioni sono acquisiti ai sensi dell’articolo 18, commi 2 e 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, relativi ai casi di accertamento d’ufficio di fatti, stati e qualità del soggetto interessato dalla azione amministrativa” (c. 4, art. 6).
Ciò significa, in altri termini che nel caso in cui il contribuente o, comunque, il cittadino abbia già fornito determinati documenti a un ente o a un’agenzia della pubblica amministrazione, qualora quello stesso documento gli venga richiesto da un’altra PA, è quest’ultima che è tenuta d’ufficio ad acquisire o produrre il documento in questione o copia di esso. Non solo, successive sentenze di organi della giustizia tributaria e della Corte di Cassazione, hanno specificato anche che il contribuente non è neanche tenuto ad esibire documenti ed informazioni già in possesso dell’amministrazione finanziaria e che il giudice non deve provvedere d’ufficio all’acquisizione di quegli stessi documenti.
Occorre, infine, ricordare la Legge di Stabilità 2012 (l. 183/2011, art. 15) e la conseguente Direttiva n. 14 del Ministero della Pubblica Amministrazione del 22 Dicembre 2011 (“Adempimenti urgenti per l’applicazione delle nuove disposizioni in materia di certificati e dichiarazioni sostitutive”) in base alle quali i certificati hanno validità solo nei rapporti tra i privati e le amministrazioni non possono più chiedere ai cittadini certificati o informazioni già in possesso di altre pubbliche amministrazioni. Queste ultime norme, modificando le disposizioni contenute nel DPR 445/2000 perseguono l’obiettivo della completa “decertificazione” del rapporto tra la PA e i cittadini prevedendo che:
- le certificazioni rilasciate dalle PA in ordine a stati, qualità personali e fatti sono valide e utilizzabili solo nei rapporti tra privati mentre nei rapporti con la PA e i gestori di pubblici servizi tali certificati sono sempre sostituiti da dichiarazioni sostitutive o da atti di notorietà. Dal 1 gennaio 2012 le amministrazioni e i gestori di pubblici servizi non possono più accettarli né richiederli: la richiesta e l’accettazione dei certificati costituiscono violazione dei doveri d’ufficio;
- i certificati, per essere validi, devono riportare la frase “il presente certificato non può essere prodotto agli organi della pubblica amministrazione o ai privati gestori di pubblici servizi”. Senza tale dicitura i certificati sono nulli ed è la stessa amministrazione che deve provvedere ad apporla, se la PA rilascia un certificato privo di tale specifica viola i propri doveri d’ufficio;
- le amministrazioni devono individuare al proprio interno un ufficio responsabile per tutte le attività volte a gestire, garantire e verificare la trasmissione dei dati o l’accesso diretto ad essi da parte delle altre amministrazioni che ne fanno richiesta; tale adempimento risulta indispensabile anche per consentire i controlli a campione delle dichiarazioni sostitutive;
- le amministrazioni devono individuare e rendere note, attraverso la pubblicazione sul proprio sito istituzionale, le misure organizzative adottate;
- la mancata risposta alle richieste di controllo entro trenta giorni costituisce violazione dei doveri d’ufficio;
- le pubbliche amministrazioni possono acquisire senza alcun onere, le informazioni necessarie per effettuare i controlli sulla veridicità delle dichiarazioni rilasciate dai cittadini, con qualunque mezzo idoneo ad assicurare la certezza della loro fonte di provenienza;